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Farmville perché? (seconda parte): i risultati delle interviste

Pier Francesco Piccolomini

Pier Francesco Piccolomini

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FarmvilleDopo il primo post sull’argomento non riesco a darmi pace. Ormai ho incubi ricorrenti. Mi appaiono in sogno schiere di agricoltori organizzati in gioiosi plotoni, con stivaloni di lattice verde sopra jeans stirati di fresco che marciano su campi ricchi ma mai fangosi, brandendo rastrelli e zappette e cantando in coro come fossero i sette nani fatti di crack.

Devo riuscire a capire. E per capire c’è un solo modo: chiedere. Il momento delle interviste è arrivato. FarmVillani di tutto il mondo, fatevi sotto, parlate: perché giocate a FarmVille?

Dopo avere raccolto numerose testimonianze, alcune delle quali anonime, i risultati che ho ottenuto sono parzialmente discordanti, ma su alcuni punti c’è sostanziale accordo.

  • FarmVille è un gioco sociale: anche se sei solo davanti al PC, c’è collaborazione tra agricoltori e ci si scambiano doni e piccole cortesie. Questo ti riempie il cuore di amore per il prossimo e ti rende un amico desiderabile all’interno di una comunità che vanta coltivatori diretti ubicati ovunque, dalla Mole antonelliana alle pendici dell’Etna passando per piazza del Plebiscito.
  • FarmVille è un gioco di competizione: tenere sotto controllo i progressi degli altri ti stimola ad agire e ti fa venire voglia di fare meglio, di avere un trattore più rombante di quello di compare Ciccetto e delle mucche più lattifere di quelle di comare Tatina.Farmville cash
  • La caccia al pezzo raro (che prevede una certa regolarità di gioco, perché può saltare fuori all’improvviso e hai poco tempo per accaparrartelo) soddisfa il bisogno di unicità e di “prestigio sociale”. E poter esibire quel favoloso erpice roteante che nessuno ha è un momento profondamente catartico per l’ego e dintorni.
  • Il clima agreste soddisfa la ricerca del sano (in psicologia si parlerebbe di “trasposizione del benessere”). Dopo aver dissodato e seminato il campicello, o dopo esserti preso cura delle tue arnie ed avere convinto la ritrosa ape regina a perdonare la scappatella del fuco, stai molto molto meglio, e ti senti Nonna Papera nella fattoria anche se fai l’usciera al Pirellone.
  • Il tempo che si investe per giocare è ragguardevole: da un’ora al giorno quando il lavoro preme, a molto di più nelle giornate d’ozio. Il gioco è congegnato in modo tale che, per avere successo, devi avere costanza e stare sempre all’erta: la campagna dà, ma chi dorme non piglia semi. E quei lamponi del vicino, che invidia…

Accanto a questo esercito di farmoholic c’è anche la disordinata turba dei giocatori pentiti.  Loro hanno appeso la vanga al chiodo (in alcuni casi l’hanno proprio scaraventata dalla finestra) e dipingono il loro passato para-contadino come un affresco di incommensurabile noia, delirium seminans, sindrome del mietitore ed altre invalidanti patologie contemporanee. E sono felici di trovarsi nuovamente in piazza Re di Roma alle sei di sera, tra il rassicurante nuvolone di  monossido di carbonio e la musica soave dei mille e mille clacson della Capitale.

E tu, invece, che tecno-agricoltore sei?

Pier Francesco Piccolomini

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